CELAC - UNIONE DEGLI STATI LATINO AMERICANI E CARAIBICI

Pubblicato il da paetomm@gmail.com

images-copia-1.jpgNello scorso weekend è nata la Comunità degli Stati latinoamericani e caraibici, che comprende tutta la regione ed esclude Usa e Canada. Cuba, Cile e Venezuela al timone. A Mérida si sono riuniti i paesi che guardano all'altra sponda dell'Oceano

Al primo vertice della Comunità degli Stati latinoamericani e caraibici tenutosi venerdì e sabato a Caracas non è passata la proposta di Hugo Chávez di sancire la fine dell’Organizzazione degli Stati americani, in cui accanto ai paesi latinoamericani si trovano anche Stati Uniti e Canada.

In pratica solo l’ecuadoriano Rafael Correa l’ha appoggiata a fondo nel dibattito previo al vertice. Il presidente cubano Raúl Castro, secondo il quale la costituzione della Celac rappresenta “il maggior evento in 200 anni di storia latinoamericana” e il cui paese è escluso dall’Osa da quando abbracciò il sistema comunista, ha avvertito che la sua portata potrà vedersi solo nel lungo periodo; perfino l’ex tupamaro presidente dell’Uruguay Pepe Mujica ha giudicato irrealistico cercare la rottura con Washington.

Chávez ha dunque accettato di valutare nel tempo il significato esatto della Celac, pur reiterando la sua speranza di vederla sostituire “la vecchia e logorata Osa”. Formalmente, dunque, la costituenda Celac sarà l’ennesima istanza di aggregazione regionale nell’area, e come tale lo stesso dipartimento di Stato Usa le ha dato il benvenuto.

Come il Mercosur, la Comunità andina, quella caraibica, il Sistema dell’integrazione centroamericana, l’Associazione degli Stati caraibici, l’Organizzazione degli Stati dei Caraibi orientali, l’Unasur, il Nafta, l’Alba e l’Alleanza del Pacifico latinoamericano, la più recente. Per non parlare del Vertice Iberoamericano e dell’Apec, in cui paesi latinoamericani sono associati ad altri di altre aree. Solo il Gruppo di Rio, costituito nel 1986, è stato dismesso per cedere il passo alla Celac.

La Celac è l’unica di queste organizzazioni a comprendere tutti i paesi latinoamericani (in senso ampio: non solo i paesi ispanofoni, il lusofono Brasile e la francofona Haiti, ma anche gli Stati anglofoni e neerlandofoni dei Caraibi) e nessuno non latinoamericano. Questa riunione arriva in un momento di boom economico per l’America Latina e di crisi per l'Europa e il Nordamerica, e per di più nel clima di effervescenza culturale e identitaria per i 200 anni di indipendenza.

Insomma, probabilmente la Celac non è più di un Consiglio d’Europa in versione latinoamericana, ma proprio la situazione economica planetaria potrebbe precipitarne un rafforzamento in tempi anche più rapidi di quelli che richiese la costruzione europea. D’altra parte, proprio i guai dell’euro potrebbero contribuire a spegnere alcuni entusiasmi.

L’idea di Chávez di creare una banca con i fondi di riserva delle banche centrali della Celac più che a blindare la regione di fronte alla crisi sembra infatti tesa a dare alla Celac una fonte di finanziamento stabile, di fronte al rifiuto di quote permanenti stile Osa o Onu opposto da Brasile, Paraguay e piccoli paesi caraibici.

Sia Correa sia Chávez, dopo aver avuto vari problemi con la Commissione interamericana dei diritti umani dell’Osa, hanno proposto di istituire una e autonoma Commissione dei diritti umani della Celac; anche questa idea al momento è stata cassata. Comunque, governi di colore diversi sono riusciti a cooperare al punto di costituire una troika direttiva in cui il Venezuela, organizzatore di questo vertice, e Cuba, che ospiterà quello del 2013, stanno assieme all’amministrazione di destra del cileno Piñera, anfitrione del 2012.

“Questo secolo XXI sarà il secolo dell’America Latina e dei Caraibi”, ha detto appunto Piñera nell’invitare i presenti a appoggiare la candidatura del vicepresidente colombiano Angelino Garzón alla direzione generale dell’Organizzazione internazionale del lavoro.

Che la Celac non rimpiazzi le altre intese regionali lo dimostra proprio Piñera, il quale da Caracas è partito verso Mérida, in Messico, dove domenica si è tenuto il secondo vertice dell’Alleanza del Pacifico, non solo con le rappresentanze dei soci fondatori Cile, Messico, Colombia e Perù, ma anche con la nuova presenza di Panama: un’aggiunta che sembra rinnovare l’immagine dell’Alleanza come intesa tra i governi di area moderata, in contrapposizione all’orientamento di sinistra radicale chavista dell’Alba e di sinistra moderata “lulista” del Mercosur, un po’ superata dopo l’elezioni di Ollanta Humala alla presidenza del Perù: anche se all’Alleanza del Pacifico ripetono di non essere un asse ideologico, ma una semplice sponda latino-americana dell’Apec.

Comunque i cinque Paesi si sono accordati per un’”integrazione profonda” delle loro economie attraverso una zona di libera circolazione di beni, servizi, capitali e persone, in modo da diventare l’embrione di un blocco “forte, unito e dinamico” nella regione.
A giugno al prossimo vertice di Santiago del Cile sarà siglato il trattato costitutivo, ma già a Mérida è stata firmata una Dichiarazione per la creazione di un comitato congiunto che dovrà promuovere il commercio di servizi e investimenti e la collaborazione in campo ambientale, scientifico e tecnologico.

Con 200 milioni di abitanti, l’Alleanza del Pacifico rappresenta il 34% del pil regionale, ma oltre il 50% del commercio, e per il 2012 l'area dovrebbe crescere del 4,6%. Il Messico ha promesso anche di rappresentare l’Alleanza del Pacifico nel suo complesso al G-20 che si terrà il 17 e 18 giugno proprio in Messico a Los Cabos, anche se il presidente colombiano Santos ha lanciato proprio al G-20 un duro attacco per la sua eterogeneità, prevedendone il fallimento. “Non si sommano mele con pere”, ha detto.

A Caracas l’Alba aveva proposto alla Celac di adottare i suoi strumenti, a partire dal sistema di compensazione dei pagamenti Sucre. Ma l’Alleanza del Pacifico ha ora risposto di voler essere essa stessa il nucleo attorno al quale l’America Latina dovrebbe unirsi.

 

fonte: http://goo.gl/mYHcNolivia

di Maurizio Stefanini


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