Ömer Çelik: “La Turchia non ha bisogno delle idee dell’UE sulla Siria. Ma le opinioni della Turchia sono essenziali per l’UE come l’ossigeno”

Pubblicato il da paetomm@gmail.com

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Nubi sempre più minacciose si addensano nel cielo di Siria. Le sorti del regime di Damasco dipendono ora dall’esito del braccio di ferro tra le potenze risolute ad appoggiare la rivolta e quelle a difesa di al-Assad. A sostegno dei rivoltosi emergono la Lega Araba, la Turchia e i Paesi della NATO. Dall’altra parte della barricata sono soprattutto Iran e Russia ad esporsi maggiormente.

I due schieramenti non appaiono compatti, poiché non è possibile considerare un blocco unico i Paesi che richiedono la destituzione del regime. Mercoledì 30 novembre, Ekmeleddin Ishanaglu – segretario dell’Organizzazione della conferenza islamica (OCI, la più importante della comunità musulmana) – ha reso nota la posizione dell’organo che presiede. La volontà espressa è stata quella di gestire la crisi siriana all’interno del mondo musulmano ed evitare una sua internazionalizzazione. Il riferimento è chiaramente rivolto a USA, UE e Russia. Un loro intervento rischierebbe di trasformare la polveriera siriana in un conflitto dagli esiti incerti.

La Lega Araba si è mossa di conseguenza. L’agenzia di stampa statale egiziana ha reso noto, giovedì 1 dicembre, che la Lega Araba ha stilato una lista di 17 nomi di personalità legate al regime di al-Assad, alle quali è stato vietato il transito negli altri Stati arabi. Tra queste spicca il fratello del Presidente: Maher al-Assad è infatti al comando della Guardia Repubblicana ed è il secondo uomo più potente della Siria.

L’onere maggiore nel pressing su Damasco è spettato alla Turchia, che non fa parte della Lega Araba. Ankara, che è il partner commerciale più importante della Siria, ha fatto sapere per bocca del suo ministro degli esteri Davutoglu che sospenderà tutti i trasferimenti finanziari per Damasco e congelerà tutti gli asset governativi siriani detenuti dalle banche turche e tutti gli investimenti anatolici nel Paese. Il ministro ha dichiarato inoltre che il meccanismo di Cooperazione Strategica d’Alto Livello tra i due Paesi sarà sospeso fino alla formazione di un nuovo governo, che sostituisca quello impopolare di Bashar al-Assad.

Le sanzioni turche sono elaborate in nove punti e si basano sul principio di “evitare di colpire la popolazione siriana e difenderla dalle sofferenze o dalla punizione per gli errori del regime”, come ha dichiarato il titolare degli esteri. Le sanzioni di carattere economico non verranno attuate solo agli esponenti del Governo, ma anche agli uomini d’affari siriani che si sono resi corresponsabili delle violenze del regime contro la propria popolazione.

Oltre a congelare tutti i rapporti economici e finanziari tra i due Paesi, la Turchia ha reso noto che fermerà la vendita e il rifornimento di tutte le armi e gli equipaggiamenti militari diretti all’esercito siriano e che intercetterà tutte le forniture militari per la Siria che attraverseranno “il suolo, lo spazio e le acque turche”.

L’Unione Europea avrebbe voluto concordare una strategia comune con la Turchia: Francia, Gran Bretagna e Germania in particolare avevano invitato Davutoglu, in visita in Europa, a partecipare alle discussioni che si sono tenute giovedì 1 dicembre riguardo al futuro della Siria. Mercoledì 30 novembre la Grecia e Cipro hanno però posto il veto.

Sarcastica la risposta del capo della Commissione degli Affari Esteri del Parlamento turco, Volkan Bozkir: “Sembra che l’UE abbia deciso di risolvere il problema della Siria con l’aiuto del più forte Paese della regione, Cipro greca”. Gli fa eco il presidente per le relazioni estere, Ömer Çelik: “La Turchia non ha bisogno delle idee dell’UE sulla Siria. Ma le opinioni della Turchia sono essenziali per l’UE come l’ossigeno”. Chiude la disputa il diretto interessato Davutoglu, che ha criticato duramente il comportamento dei Paesi europei e ha dichiarato che “un blocco di 27 Paesi si è piegato alle pressioni di un piccolo Paese capriccioso”.

Mentre la NATO approva silenziosamente l’operato turco, l’Unione Europea, indaffarata a cercare una soluzione per la salvezza della moneta unica, si è lasciata condizionare dallo storico astio dei greci nei confronti del vicino anatolico. Questa volta nessuno ne risente; solo l’UE ha perso un’altra opportunità di coordinare la propria politica con i vicini mediterranei.

Ben più preoccupante è l’opposizione russa alle sanzioni di Ankara alla Siria. Mosca ha protestato soprattutto contro la volontà della Turchia di impedire il commercio di armi con Damasco agli altri Paesi. Serghiei Lavrov, capo della diplomazia russa, si è duramente opposto all’utilizzo del linguaggio degli ultimatum e ha sottolineato l’urgenza di riportare la crisi “nell’alveo della politica”. Secondo la diplomazia russa, la violenza, anche contro i civili, è causata dagli insorti. È l’opposizione armata che sta “provocando disordini”.

Il 10 dicembre intanto arriveranno in acque territoriali siriane l’incrociatore portaerei “Ammiraglio Kuznetsov” e la nave antisommergibile “Ammiraglio Ciabanenko”. Mosca minimizza e nega categoricamente che l’arrivo delle navi da guerra russe sia una risposta alle sanzioni della Lega Araba al regime siriano. Un portavoce della Russia ha affermato che la visita “era già pianificata nel 2010 quando non c’erano tali eventi. C’è stata un’attiva preparazione e non c’è alcun bisogno di cancellarla”. In effetti, le navi russe saranno impegnate per tutto il 2012 a visitare, durante un lungo tour, altri quaranta porti, tra i quali anche quello di Genova. La coincidenza però rimane preoccupante.

La Russia, per la prima volta dal 1956, si trova in contrasto con il blocco arabo. La Siria rappresenta il baricentro di una strategia che ha visto l’Orso russo fornire copertura diplomatica e militare ai Paesi arabi per contenere l’influenza americana e la minaccia israeliana. Oggi Mosca sembra decisa a compromettere questa strategia pur di salvare l’amicizia siriana, finendo potenzialmente per modificare in modo radicale lo scenario mediorientale.

Mosca non vuole perdere postazioni importanti nella regione, ma la sua intransigenza rischia di allontanarla dal Medio Oriente, lasciandole come unico alleato l’Iran di Ahmadinejad. La Lega Araba sembra determinata a chiudere l’esperienza del regime di al-Assad. La Turchia non ha nascosto la possibilità di istituire una zona cuscinetto, che comprenda addirittura Aleppo,  nella quale dare protezione al Free Syrian Army, sostenuto militarmente anche da Qatar, Arabia Saudita, Libia ed Emirati Arabi Uniti.

Secondo indiscrezioni fornite dal quotidiano egiziano al-Ray al-arabi, già 600 militari libici del Comitato di transizione sono penetrati in territorio siriano attraverso il confine turco. Inoltre, su disposizione iraniana, 4500 mujaheddin dell’Esercito del Mahdi dell’ayatollah Moqtada al-Sadr sono partiti in difesa del governo di al-Assad.


La Siria è sempre più sull’orlo di una guerra civile. L’asse Mosca-Teheran rischia di venire pericolosamente isolato. La Lega Araba e la Turchia si preparano allo scenario peggiore. Israele osserva silenziosa. La NATO attende.

fonte: http://www.meridianionline.orgolivia

di Francesco Ventura

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