SCIENZE: L'INCHIOSTRO DEI MONACI

Pubblicato il da tommasoliguori50

 

4frati.gifL’inchiostro dei monaci: un percorso fra chimica e storia

Tradotto da Gianluca Farusi

 

Lo sfondo storico

Molte miniature medioevali di San Giovanni di Pathmos testimoniano quale fosse, all’epoca, l’importanza dell’inchiostro, dal momento che raffigurano il diavolo mentre tenta di rubarlo al Santo. Nel Medioevo venivano usati, di solito, due tipi di inchiostri neri: il nerofumo (una sospensione ottenuta con carbone, acqua e gomma arabica) e l’inchiostro ferro-gallico (ottenuto dalle galle di quercia). Il nerofumo è stato impiegato sin dal 2500 a.C., mentre l’inchiostro ferro-gallico a partire dal terzo secolo e fu utilizzato da personaggi del calibro di Leonardo da Vinci, Johann Sebastian Bach, Rembrandt van Rijn e Vincent van Gogh. Scoperte recenti hanno evidenziato la presenza di tracce di inchiostro ferro-gallico sia nei rotoli del Mar Morto sia nel Vangelo perduto di Giuda.

Gli antichi, non sfruttavano la reazione che porta alla formazione del pigmento, per preparare l’inchiostro, ma ne erano comunque a conoscenza. Nella Naturalis Historia, Plinio il Vecchio (23 d.C. – 79 d.C.) scrive come distinguere il verderame [Cu(CH3COO)2.2Cu(OH)2] dalla copparosa (FeSO4.7H2O), con la quale veniva spesso adulterato. Scrive:

…La frode può essere scoperta con una foglia di papiro che sia stata posta in un infuso di galle di quercia: a contatto con del verderame adulterato, diventa immediatamente nera …”.

Benchè potesse vedere la trasformazione in gioco, non era in grado di plinio.jpegmotivarla. Oggi ben si sa che questo antico saggio analitico si basa sulla reazione tra il catione ferroso (ferro (II)) e l’acido gallotannico, reazione che sta alla base della preparazione dell’inchiostro ferro-gallico.

Il contesto didattico

Fu quando uno dei miei studenti mi chiese quale tipo di inchiostro, utilizzassero, per scrivere, i monaci medioevali, che mi venne l’idea di progettare qualcosa a questo proposito . Oltre ad evidenziare le implicazioni culturali della scienza, il progetto sottolinea lo stretto legame che intercorre tra studi scientifici ed umanistici.

Decidemmo di utlizzare la ricetta riportata dal veneziano Pietro Canepario nel suo De atramentis cuiuscumque generis (Tutti i tipi di inchiostri; 1619). In rima, ed in dialetto, ne riporta la composizione in peso: “Una, due, tre e trenta a far la bona tenta”. Oggi si sa che un tale rapporto fra le masse di gomma arabica, solfato ferroso, galle ed acqua, non è davvero il migliore, perché porta ad un materiale troppo acido, che, con il passare del tempo, fa venire i buchi nella carta. Lo scopo però, non Leonardo-da-Vinci.jpgera quello di preparare il migliore degli inchiostri possibili, ma piuttosto quello di incoraggiare gli studenti a studiare storia usando come pretesto la chimica e di capire il ruolo culturale ed educativo che questa scienza riveste.

Il passo successivo è stato quello di fare della ricerca sulle galle, per cui gli studenti si son dati da fare per raccoglierne fra quelle più comuni: di quercia (sia quelle sulle ghiande sia quelle globulari sui rami) e di cipresso, così da poter fare un confronto fra tre tipi differenti di inchiostro,

Il nostro intento era quello di individuare, fra i tre, l’inchiostro migliore, ma secondo quali criteri? Decidemmo di non allontanarci troppo dall’epoca di Canepario e così stabilimmo che i nostri riferimenti fossero il De subtilitate (Le relazioni nascoste) e il De rerum varietate (La varietà) di Gerolamo Cardano (1501-1576). Secondo Cardano, un buon inchiostro fluisce bene, ha spessore ed è nero e brillante. Abbiamo testato gli inchiostri scrivendo sia con delle pipette Pasteur sia con dei pennini e l’inchiostro che, meglio degli altri, ha soddisfatto i precedenti criteri è stato quello ottenuto dalle galle di ghianda. Il mio preferito però, era quello fatto con le galle di cipresso, perché, sebbene meno nero, profumava di resina che era una meraviglia.

Naturalmente abbiamo concluso discutendo tutti gli aspetti chimici in gioco: le reazioni che avvengono in ogni fase della produzione dell’inchiostro, le reazioni fra l’inchiostro e la carta e la loro importanza in relazione ai documenti storici ed alla loro conservazione.

Agli studenti il progetto è molto piaciuto, soprattutto gli aspetti storici ed interdisciplinari. Uno studente ha fatto notare come la chimica “sembri essere la chiave di volta per risolvere quesiti sia moderni sia antichi”.

 

La prima testimonianza certa dell’inchiostro ferro-gallico si trova nel libro di Marziano Minneo Felice Capella De Nuptiis Philologiae et Mercurii et de septem Artibus liberalibus libri novem (Le nozze di Filologia e Mercurio e le sette Arti liberali in nove libri; 420 d.C.) dove viene citata una miscela di -Bach.jpggalle e gomma arabica. Anche le altre ricette che si sono conservate concordano tutte sugli ingredienti base: galle, solfato ferroso (copparosa), acqua e gomma arabica.

Le galle

Le galle sono delle escrescenze abnormi ed indotte che si trovano sulle foglie, le gemme, i fiori o le radici delle piante. L’agente che ne determina la formazione, spesso un cipinide, deposita un uovo nel tessuto vegetale giovane e la galla cresce tutt’intorno alla larva, che si nutre e sviluppa all’interno di tale escrescenza protettiva. Si pensa che lo sviluppo della galla sia controllato dalle secrezioni della larva: saliva e sostanze escrete.

La composizione chimica delle galle varia in dipendenza sia dell’agente che ne ha indotto la formazione sia del tipo di pianta. La galla di Aleppo è particolarmente ricca di acido tannico (65%) e di acido gallico (2%); la galla di Bassora (conosciuta anche come la galla di Sodoma) contiene il 26% di acido tannico e l’1,6% di acido gallico; mentre la galla di ghianda di quercia contiene il 45-50% di acido tannico. Tutte e tre contengono un’elevata concentrazione di acido gallotannico. In questo progetto abbiamo utilizzato sia galle di quercia, di ghianda e globulari, sia galle di cipresso. 

Questi tre tipi di galla si possono trovare, facilmente, in tutta Europa, ma si può utilizzare, allo scopo, qualunque cosa contenga tannini: del tè, per esempio. In alternativa si può usare dell’acido tannico.

Il solfato ferroso o copparosa

Nei tempi antichi, la copparosa (FeSO4.7H2O) veniva estratta facendo rembrandt.JPGevaporare l’acqua dai terreni ferrosi. Più tardi, alla fine del sedicesimo secolo, veniva prodotta aggiungendo l’acido solforico ai chiodi di ferro. Noi abbiamo utilizzato il solfato ferroso come tale, una sostanza comune nei laboratori di chimica.

L’acqua

Dal momento che l’acqua di rubinetto può contenere sostanze (quali ad esempio il cloro) che possono alterare la qualità dell’inchiostro, abbiamo utilizzato acqua distillata. Storicamente veniva utilizzata, con ogni probabilità, acqua piovana.

La gomma arabica

La gomma arabica, una gomma naturale estratta dagli alberi di acacia ed utilizzata, in alcuni cibi, come stabilizzante, conserva la qualità dell’inchiostro in tre modi differenti:
Mantiene in sospensione il complesso con il ferro (il pigmento)
Ispessisce l’inchiostro facendo sì che non fluisca troppo velocemente dalla penna
Riduce la velocità con la quale l’inchiostro viene assorbito dalla carta, conferendo un tratto migliore e più duraturo.

Materiali e procedimento

  • Galle, 3 parti in peso
  • Acqua, 30 parti in peso
  • Solfato ferroso, 2 parti in peso
  • Gomma Arabica, 1 parte in peso

1) sminuzzare le galle e macinarle in un macinino da caffè (Figura 2) 2)Mettere le galle macinate in un becker ed aggiungere l’acqua. Lasciar fermentare il miscuglio per 3 giorni, a temperatura ambiente, in un angolo soleggiato

 3) Filtrare la miscela (Figura 5) ed aggiungere il solfato ferroso alla soluzione. Mescolare bene e lasciar riposare per 3 giorni.

 4)Aggiungere la gomma arabica, mescolare la miscela, ed ecco l’inchiostro (Figura 6). É giunto il momento di cominciare a scrivere! 


Gli aspetti chimici in gioco

Anche se, da un punto di vista pratico, le reazioni in gioco sono facili da realizzare, la chimica ad esse sottesa è piuttosto complicata. Questo progetto funziona al meglio, se gli studenti più piccoli, (14-15 anni), si occupano della parte laboratoriale, mentre ai più grandi, (17-18 anni), si lascia il compito di spiegarne gli aspetti chimici e biologici.

Dopo che le galle sono state sminuzzate, le reazioni in gioco possono essere suddivise in due momenti distinti: la fermentazione, con la trasformazione dell’acido gallotannico ad acido gallico, e la successiva formazione del pigmento dell’inchiostro.

La galle contengono grandi quantità di acido gallotannico  ma una quantità relativamente esigua di acido gallico che è la sostanza necessaria a formare l’inchiostro. Durante il processo fermentativo, le galle rilasciano l’enzima tannasi dall’Aspergillus niger e dal Penicillum glaucum, funghi che si trovano nelle galle. Nel giro di 3 giorni, la tannasi catalizza l’idrolisi dell’acido gallotannico ad acido gallico e glucosio.

 

Danni a lungo termine

van-gogh.jpgL’inchiostro ferro-gallico può anche essere stato usato per 1800 anni, ma non regge bene gli effetti del tempo. Con il passare dei secoli, l’inchiostro sbiadisce, cambia colore e danneggia la carta. Tutto questo è dovuto ad un eccesso di ioni ferrosi: il rapporto 2 a 3 fra solfato ferroso e galle, non è stechiometricamente corretto e ciò comporta un eccesso di solfato ferroso rispetto a quello che sarebbe necessario per reagire con l’acido gallico.

Alcuni di questi cationi ferrosi in eccesso, si ossidano per dare ossido ferrico, che, essendo meno scuro del pirogallato ferrico, fa sbiadire il colore nero originale dell’inchiostro.

 


[...]

 

Conclusioni

“Verrà un giorno in cui le ricerche svolte da generazioni di studiosi per molto tempo e con molta dedizione, porteranno alla luce ciò che ora è nascosto; la vita di una sola persona non può essere sufficientemente lunga per terminare una ricerca così ampia … così questi fenomeni diventeranno chiari solo dopo che si saranno succedute generazioni di studiosi…Verrà un giorno in cui i nostri discendenti, si meraviglieranno, di quanto fosse grande la nostra ignoranza, riguardo a cose che a loro sembreranno così ovvie. Molte cose saranno scoperte nei secoli futuri, quando di noi sarà perduto anche il ricordo. Il mondo sarebbe davvero una cosa di scarso valore se ad ogni generazione non si presentasse il compito di affrontare qualche problema da risolvere.…La natura non svela i suoi segreti, in una sola volta”.
Seneca, Quaestiones Naturales, Libro VII

Questo toccante brano di Seneca (4 a.C.- 65 d.C.) è valido ancora oggi. Mi piace immaginare la contentezza di Plinio nel vedere come questa generazione sia capace di dare una spiegazione a cose che lui non era in grado di capire.

 

fonte : scinecenschool.org
http://www.scienceinschool.org/2007/issue6/galls/italian

 

Nota: dall'articolo sono state omesse le parti pi "tecniche"

Chi ha le competenze necessarie può cliccare il link e leggere il testo integrale.

 

bracciodiferro2

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