SIRIA: Le comunità religiose creano una miscela esplosiva.

Pubblicato il da paetomm@gmail.com

fonte: http://goo.gl/wU4Xd 

di Michele Giorgio

 Al-quds-al-arabi-logo.jpgIl quotidiano arabo Al Quds al Arabi scriveva qualche giorno fa che lo scontro tra vecchia e nuova guardia in Siria ruota intorno all'articolo 8 della costituzione, che consente al partito Baath di monopolizzare l'intera politica nazionale. Il presidente Bashar Assad, aggiungeva il giornale, vorrebbe modificarlo in senso libertario, perché convinto che nessuna riforma politica sarebbe accettabile senza emendare quell'articolo. Ma si oppongono con forza vari membri senior del regime che sottolineano, aggiungeva il giornale, che l'apertura al pluralismo causerebbe il crollo del regime. E probabilmente hanno ragione.


Così siamo alla paralisi, che produce un'unica scelta da parte delle autorità: l'uso della forza con il bagno di sangue che sappiamo. Nessun capo di stato o di governo può essere giustificato quando massacra la propria gente e i siriani hanno il diritto di scegliersi i leader che vogliono. Ma dietro lo scontro in atto c'è un quadro complesso che rende la rivolta in Siria molto diversa da quelle avvenute in Egitto e Tunisia.

La composizione etnica e religiosa di questi due paesi è abbastanza omogenea (più in Egitto che in Tunisia) e le insurrezioni hanno visto popoli compatti sollevarsi con successo contro due despoti. La Siria invece, come l'Iraq, è un mix di comunità religiose, islamiche e cristiane, e mentre la maggioranza della popolazione è sunnita, il potere da decenni è nelle mani di esponenti della minoranza alawita (una setta sciita), anche se il regime si proclama laico, nazionalista e (specie in passato) anche socialista.

Per i sunniti, in ogni caso, a «comandare» sono gli alawiti-sciiti, alleati di ferro degli sciiti persiani e del movimento sciita Hezbollah in Libano. Anche in Siria le proteste sono cominciate sull'onda della «primavera araba» - la scintilla però è scattata nella cittadina agricola di Deraa nel sud del paese - e nei primi due mesi, da marzo a maggio, i protagonisti più in vista delle manifestazioni sono stati i giovani progressisti, gli intellettuali, gli artisti, i blogger e alcuni dissidenti storici.

Da maggio in poi la protesta si è trasformata in una insurrezione vera e propria, interessando sempre più villaggi e città a forte maggioranza sunnita. Hama era e rimane una roccaforte dell'attivismo sunnita, nonostante il massacro compiuto quasi 29 anni fa da Hafez Assad, padre dell'attuale presidente, che attraverso l'eliminazione fisica di migliaia di persone, pensava di aver annientato per sempre i Fratelli musulmani e la militanza anti-alawita.

Non è facile valutare il peso effettivo dei Fratelli musulmani nelle proteste di Hama e in altri centri abitati. Assad, senza citarli, esagera la loro partecipazione per accreditare la tesi della «violenza settaria» e della cospirazione occidentale e araba contro il suo regime. Gli islamisti siriani peraltro sono meno organizzati dei loro compagni in altri paesi arabi.

Tuttavia non si può non considerare l'entusiasmo che sta generando tra i sunniti siriani più militanti il ruolo di primo piano conquistato dai Fratelli musulmani in Egitto e in Tunisia. Per la prima volta in decenni i «Fratelli» siriani sentono di avere la possibilità di dare una spallata al regime e di mettere fine al regime alawita-baathista. Già all'inizio di luglio, in un'intervista, il leader dei Fratelli musulmani siriani Riad al Shafka si era espresso con il tono del protagonista futuro della politica nazionale e aveva lanciato, in linea con gli islamisti egiziani e tunisini, messaggi rassicuranti, colmi di desiderio di collaborazione, ai governi occidentali.
 
Shafka ha anche inviato al meeting delle opposizioni siriane a Parigi, di fatto organizzato del filosofo Bernard-Henri Levy, un accanito sostenitore di Israele, il suo consigliere Molhem Douroubi, spiegando che la politica estera della Siria la deciderà il parlamento futuro, post-Baath. Un'apertura non inedita visto che alcuni anni fa l'ex leader dei Fm siriani, l'avvocato Sadreddin Bayanouni, aveva espresso volontà di dialogo con Tel Aviv.

Al Shafka non ha tutto il movimento dalla sua parte ma durante le riunioni della shura, dicono fonti siriane, fa capire che occorre cogliere l'occasione di una amministrazione Usa che, a differenza di quella precedente, sembra aver compreso che l'Islam politico, non armato e non jihadista, può essere un partner affidabile nel mantenimento della stabilità in Medio Oriente (vedi qui in Egitto dove i Fm sono i principali alleati dell'esercito notoriamente finanziato dagli Usa allo scopo di garantire gli accordi di pace con Israele).

E se prima Washington non vedeva alternative ad Assad, oggi comincia a intravvedere negli islamisti, o in una parte di essi, i possibili sostituti del presidente siriano, a patto che garantiscano la tranquillità lungo le linee di armistizio con Israele, senza formalmente rinunciare a reclamare la restituzione del Golan occupato e a proclamare sostegno alla causa palestinese. Inoltre una Siria senza Assad non sarebbe alleata di Teheran.

* * * * * 

SEGUICI SU FACEBOOK, "TI PIACE ?": http://goo.gl/Om6Xz

* * * * *

Vedi Anche:

CONFLITTO ENERGETICO NEI PAESI SUDAMERICANI  

SIRIA - I FEDELI DI BASHAR

CRISI GRECA. - EUROPA, TERRA DI SCONTRO TRA CINA E USA.?

DA FAROUK A MUBARAK; LE DIFFERENZE TRA COLPO DI STATO E RIVOLUZIONE

USA: CATASTROFE POLITICA PER I DEMOCRATICI; OBAMA SOTTOMESSO AL RICATTO DEI TEA PARTY.

Con tag MEDIO ORIENTE

Per essere informato degli ultimi articoli, iscriviti:
Commenta il post