USA. - ANCORA UNA VOLTA L'ESITO DELLE ELEZIONI SARA' INFLUENZATO DAL NUMERO DEI DISOCCUPATI?

Pubblicato il da tommasoliguori50

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Obama sarà affondato dalla disoccupazione?

Federico Rampini
Dal blog di Repubblica
Estremo Occidente

Il dato dell’occupazione americana per il mese di maggio è disastroso, molto peggio di quanto previsto.

Getta un’ombra su tutta la ripresa economica degli Stati Uniti, e può compromettere le chances di rielezione di Obama nel novembre 2012.

Durante il mese di maggio l’economia americana ha creato solo 54.000 posti di lavoro aggiuntivi (saldo netto tra nuove assunzioni e licenziamenti, agricoltura esclusa, fonte Labor colloquio-di-lavoro.jpgDepartment).

E’ una frenata brutale rispetto ad aprile, quando i posti creati erano stati ben 232.000.

Di riflesso, a maggio è risalito il tasso di disoccupazione, passando dal 9% al 9,1%.

E’ un tasso storicamente elevato per gli Stati Uniti, molto meno abituati ed anche molto meno attrezzati dell’Europa a governare periodi lunghi di alta disoccupazione (le “reti di sicurezza” americane sono sempre più sfilacciate, a furia di tagli al Welfare).

Si calcola che circa 14 milioni di americani siano disoccupati ufficiali, senza contare quelli ormai “invisibili” alle statistiche perché hanno rinunciato a cercare attivamente un posto.

Dal New York Times, un inquietante precedente storico: nessun presidente in carica è disoccupazioneriuscito a farsi rieleggere con tassi di disoccupazione così alti, dai tempi di Franklin Delano Roosevelt (prima non si sa, non esistevano statistiche comparabili sulla disoccupazione).

Ad aggravare la posizione di Obama c’è lo stallo politico a Washington.

Dove la destra repubblicana non vuole neppure sentir parlare di nuove misure a sostegno della ripresa economica, ma solo di tagli alla spesa pubblica.

Obama ha sostanzialmente le mani legate, salvo arrendersi al vecchio dogma neoliberista: meno spesa pubblica uguale meno tasse ai ricchi e alle imprese, che così finalmente saranno libere di investire e creare occupazione.

La chiamavano economia dell’offerta, piaceva tanto a Ronald Reagan, ma George Bush padre la battezzò con disprezzo “economia vudù”.

Difficile conciliare quel dogma con la constatazione che la pressione fiscale sui ricchi e sulle imprese Usa è ai minimi storici.

Ai tempi di Eisenhower (repubblicano, anni Cinquanta) l'aliquota marginala più elevata dell’imposta sul reddito sfiorava il 90% e c’era la piena occupazione.

Oggi lo stesso Warren Buffett – secondo uomo più ricco dopo Bill Gates – dichiara che l’aliquota fiscale sui suoi redditi è del 17%.

http://rampini.blogautore.repubblica.it/

 

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                                                                                                       bracciodiferro2


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